Edizioni Capit Ravenna
A cura di Pericle Stoppa
Edizioni Capit Ravenna
Prezzo 10 €
“…Scolorite stelle del passato
mi ricantano ancora tutto il tormento,
se passerà quest’ora notturna
fra i pini o contemplando
la siepe nera…”.
Sono versi estrapolati dalla poesia Viaggio di Clodio Scagnardi. Si sa, il poeta non deve salire su un mezzo di locomozione per viaggiare, gli basta sbrigliare la fantasia verso orizzonti dove cose e sensazioni si confondono in un’unica estatica visione. Eppure, anche nello stato di grazia dell’artista sognatore, accade che gli occhi si riaprano e mettano a fuoco particolari della realtà e allora appaiono i pini e la siepe resa oscura dal calare della sera che rimandano inesorabilmente alla pineta, polmone forestale di Marina di Ravenna.
Scagnardi sul finire del 1942 pubblicò una selezione di undici poesie in Elegie d’Autunno firmandosi Clodio Romolo Scagnardi e nel marzo 1943 pubblicò la raccolta Alchimia composta da Laudi, Motivi e Chiarezza, in totale trentatré poesie conservate alla Biblioteca Classense.
Pericle Stoppa, che ha scoperto questo poeta sconosciuto, è convinto che la più bella sia l’ultima inedita L’incompiuta in omaggio alla struggente composizione di Schubert, citato nei versi. Poema del pastore errante per l’Asia, la terza raccolta di poesie, Scagnardi la pubblicò nel 1946, quando il suo distacco dalla realtà, annunciato fin dalla prima adolescenza, si manifestò con maggiore evidenza nel giovane colto (aveva frequentato il ginnasio), dotato di interessi e conoscenze letterarie e musicali che emergono dalle sue poesie. La sua vita fu segnata ancora prima della nascita dalla uccisione del padre, medico condotto di Porto Corsini (l’odierna Marina di Ravenna), vittima di una vendetta immotivata. La madre, che lo portava in grembo da poco, ne rimase segnata a vita senza più ritrovare il proprio equilibrio. Clodio, nato il 18 febbraio 1923 e morto ottantenne, crebbe senza una figura maschile di riferimento, solitario e taciturno, ma fu intelligente, fantasioso e sensibile come dimostrano i suoi versi.
Quando Clodio ebbe venti anni, arrivò anche la guerra ad aumentarne il disagio psicologico fino a che la sua voce poetica, che non era lo sfogo di un introverso, bensì un linguaggio strutturato modernamente, generalmente privo di rime, evocativo, intenso e visionario, si zittì definitivamente. Di solito il poeta si abbozza nell’adolescenza per completarsi subito dopo, Scagnardi invece ha “gridato” la sua poesia negli anni adolescenziali per poi tacere definitivamente sconfitto dal mondo con cui non sapeva relazionarsi. La ragione è chiusa nel suo mistero umano o forse è spiegata dalla poesia A me stesso della raccolta Motivi:
Ritroverò la vera poesia se ne la brezza
non scoprirò sibili d’ironia.
O se nel silenzio alto del Mondo
non intenderò l’inconcludenza del Tutto.
Quel silenzio improvviso, che spezza il fragile legame di Scagnardi con il mondo equivale a un salto nel vuoto, come quando un colpo di vento spezza il filo di un aquilone e lo fa sparire nell’immensità del cielo. Peccato, perché la poesia poteva riscattare Clodio dai suoi tormenti e dargli una dimensione sociale, come ha fatto con il grande Dino Campana.
Pericle Stoppa con infaticabile determinazione continua a scavare nelle memorie della vecchia Marina di Ravenna facendo affiorare realtà perdute come questi versi, nutriti da una tormentata interiorità non meno che dal paesaggio costiero. Nel ristampare l’intera raccolta poetica scrivendone la prefazione, Stoppa restituisce la memoria storica di Clodio Scagnardi, offrendogli ora quelle opportunità che la vita gli ha negato.
Attilia Tartagni